La storia del Porto Sant’Elpidio Basket
GLI ANNI ’50
Provate a immaginare il basket – pardon, la pallacanestro – degli anni ’50. Le partite giocate quasi sempre all’aperto alla faccia delle condizioni atmosferiche più estreme, i campi in terra battuta, le linee laterali disegnate col gesso, la palla in cuoio, chiusa con una stringa e con la tendenza a sformarsi al contatto con l’acqua (fino a diventare di dimensioni maggiori dell’anello!), i liberi tirati a cammarò. E poi le regole: è previsto il pareggio, si gioca in due tempi di 25 minuti ciascuno, si esce dopo il quarto fallo personale, non esistono i 24 secondi e l’infrazione di campo, figurarsi l’arco dei tre punti. Inoltre il time-out è effettuato attorno alla lunetta, i giocatori stranieri si contano sulle dita delle mani, i playoff non si sa nemmeno cosa siano. Il professionismo nord americano? In mancanza di televisioni e giornali che ne narrino le gesta, è praticamente una leggenda. Sì, il basket di quegli anni è parte di un altro mondo, uno sport per pochi, praticamente d’èlite. Anche dalle nostre parti.
Le Marche non giocano un ruolo di primo piano all’interno del movimento cestistico del tempo: i primi club di casa nostra ad arrivare ai vertici nazionali sono la Stamura Ancona, la Victoria Libertas Pesaro, la Sangiorgese e (udite udite!) l’Ascoli, tutti approdati in Massima Serie (con Serie A si indicava l’attuale Dna Gold) nel 1946, 24 anni dopo il primo campionato ufficiale. In compenso Pesaro, da lì a poco, tirerà fuori uno dei giocatori più forti di tutti i tempi, Sandro Riminucci. La scena è dominata dall’asse Milano-Bologna (sponda Virtus), nel 1953, a vincere lo scudetto è l’Olimpia dell’allenatore giocatore Cesare Rubini, allora abbinata alla Borletti, azienda produttrice di macchine da cucire. La classifica dei marcatori se la aggiudica Sergio Stefanini, sempre della Borletti, anche se è l’americano della Pallacanestro Napoli Mc Key il migliore per quel che riguarda la media punti (19,21 contro i 18,9 dell’ala pivot milanese). Il 1953 è anche l’anno degli Europei di Mosca, vinti dai padroni di casa; nella finale con l’Ungheria, l’Urss si aggiudica la vittoria tenendo palla per tutti gli ultimi 15 minuti di gioco! La nazionale italiana, allenata da Vittorio Tracuzzi, chiude al settimo posto, un piazzamento onorevole per una squadra che può contare sul talento dei vari Sandro Gamba e Sergio Lucev, oltre che su quello dei già citati Stefanini e Riminucci.
Chissà quali saranno state le notizie arrivate in città sulla spedizione azzurra in Unione Sovietica, di certo il 1953 è un anno cruciale per la palla a spicchi elpidiense. Perché la storia del Porto Sant’Elpidio Basket inizia proprio sessant’anni fa. Merito dell’intraprendenza di Enzo Belletti, meglio conosciuto come Fattì. Belletti è presidente della Polisportiva San Crispino, fondata nel 1947, le cui attività si limitano al calcio e all’atletica. Su suggerimento dello sportivo sangiorgese Renato Rocchetti, Fattì inserisce tra le discipline del San Crispino anche la pallacanestro. Il presidente sfrutta il suo fiuto: in città alcuni ragazzi si ritrovano a giocare in un capannone appartenente a Fiorenzo Magni, e il presidente lo sa. Giovani che hanno trovato nel basket la loro passione ma che non hanno mai avuto la possibilità di iscriversi a un campionato vero e proprio: Belletti chiede loro se vogliono formare una squadra, la risposta è facile da immaginare. Così, con affiliazione codice numero 338 e colori sociali bianco e azzurro, nasce il basket a Porto Sant’Elpidio. La sede della società si trova al numero 17 di piazza Garibaldi, sotto il laboratorio artigiano di Fattì, le operazioni burocratiche si sbrigano su di un tavolo da tagliatore, con l’aiuto di una macchina da scrivere Remington, vecchia di cinquant’anni, difettosa e senza il tasto della lettera erre. La San Crispino giocherà all’aperto, all’interno del campo sportivo Orfeo Serafini, dove è costruito il rettangolo di gioco, opera dei primi dirigenti societari, Gianni Basili e Fiorenzo Magni: il primo si occupa dei tabelloni (in legno), l’altro della cementificazione del terreno. L’illuminazione sarà garantita dai fondi della FIP (Federazione Italiana Pallacanestro), tramite l’interessamento di Alberto Tombolini. Le partite in casa si giocheranno la domenica mattina, alle 11.
La società c’è, la squadra anche, non rimane altro che buttarsi nella mischia. Ma per le prime partite ufficiali la San Crispino dovrà attendere ancora un anno, l’occasione sarà l’iscrizione al campionato regionale juniores del 1954. I primi avversari contro cui battersi sono la Benelli Pesaro, la Stamura Ancona e la Vigor Civitanova. Finisce bene: i bianco-azzurri finiscono al terzo posto, dopo aver regolato nella finalina i civitanovesi. È un buon risultato, frutto del lavoro dell’allenatore Remo Proietti, gloria del basket sangiorgese degli anni ’40. Il coach ha a disposizione una squadra giovanissima, ricca di elementi di valore come il talentuoso Paolo Magni, gran tiratore, arriverà fino alla Serie A con la Vis Nova Roma. E poi Giovanni Badalini, pivot completo anche dal punto di vista fisico che non disdegna il gioco lontano da canestro, Alfredo Mozzorecchia, per tutti Alfredino, playmaker combattivo, uno che non vuole perdere mai, subito promosso capitano; Giuseppe Fulgenzi, esterno elegante, buon palleggiatore e tiratore; Paolo Fratini, un combattente, specialista della difesa; Walter Lattanzi, guardia di valore, ottimo nell’uno contro uno e nel sottomano; Gianfilippo Del Frate, atleta completo (gioca anche a calcio), bravo in entrata e al tiro; Augusto Fantuzi, panchinaro prezioso, ala che spesso va in cerca di gloria sotto i tabelloni. Il campionato juniores è il primo contatto di questi ragazzi con l’agonismo vero e proprio, una sorta di prova generale in vista della stagione successiva, quando il San Crispino si iscriverà al campionato di Promozione.
È il 1955, si gioca per vincere davvero e prende il via anche una storia di sacrifici: gli allenatori, i dirigenti, i giocatori e i loro genitori spesso si sobbarcano i chilometri delle trasferte, difficili specie d’inverno, quando le mete da raggiungere sono Fabriano o Jesi. I viaggi si fanno in auto, con l’Ardea di Fiorenzo Magni, i taxi di Trento Parentini e dei fratelli Pacchiarotta, il furgone della Migas, oppure in treno. Di soldi nemmeno a parlarne: il presidente Belletti paga le trasferte, la canottiera e i calzoncini, tutto il resto è a carico di chi gioca, è la passione a far muovere tutto.
Arrivano uno sponsor, il calzaturificio Olimpiadi di Vittorio Renzi, detto “lu Ripà”, già fornitore ufficiale della squadra italiana di boxe ai giochi olimpici di Melbourne del 1952, e un nuovo allenatore, Alfredo Moretti, veterinario campano, con un passato di giocatore nella Guf (Gioventù universitaria fascista). All’ossatura della juniores Moretti integra Mario Orsini, chiamato “anima lunga” per i suoi 195 centimetri d’altezza, numero 48 di piede, stazionatore d’area, non eccessivamente tecnico, in compenso combattivo e buon rimbalzista, Tullio Violini, campione di salto con l’asta, cestista estroso e disinvolto, Nando Corvaro, guardia dalla mano calda, Pasquale Corradini difensore arcigno. L’ultimo arrivato è Angelo Monterubbianesi, guardia pura, tiratore tremendo, destinato a un ruolo di primo piano nella storia del sodalizio elpidiense. Moretti si ritrova tra le mani un roster che fa della grinta e della determinazione le armi principali, qualità che finiscono per suscitare interesse e simpatia nei confronti di questi ragazzi che la domenica mattina si esibiscono davanti a un numero sempre più crescente di appassionati. Che il basket sia entrato ormai nel Dna degli elpidiensi lo dimostrano i tanti tornei che d’estate animano la città e il fatto che i media cominciano a occuparsi della San Crispino. I primi a scrivere di basket sui giornali locali sono Giacomo Macerata ed Enrico Romagnoli, entrambi collaborano con il quotidiano Voce Adriatica (l’attuale Corriere Adriatico), poi arriverà Francesco Valentini, penna del Resto del Carlino, carattere sanguigno e polemista senza eguali. Intanto al Serafini si avvicinano tanti ragazzi desiderosi di insaccare la palla nel cesto, che non avranno bisogno di inserirsi nella trafila delle giovanili: chi dimostra di saperci fare, è abile e arruolato.
Nel campionato 1957/58 Mozzorecchia passa al ruolo di capitano-allenatore e comincia a diffondere il suo credo, fatto di lavoro sui fondamentali e sulla preparazione atletica: il tasso tecnico dei bianco-azzurri si alza e pur non riuscendo mai a vincere il campionato, il San Crispino si farà sempre onore con buoni piazzamenti. Come nel 1958/59, chiuso al terzo posto, alle spalle di Fortitudo Fabriano e a pari merito con la Virtus Grottammare. Anni in cui nascono le prime rivalità, come quella con la Sutor Montegranaro. Nel primo derby, giocato al campo dei Tigli, probabilmente nel 1957, dopo una gara molto combattuta, i bianco-azzurri tornano negli spogliatoi e si accorgono che i loro vestiti sono spariti. La rappresaglia scatta immediata: Mozzorecchia e compagni decidono di vendicarsi rubando i quadri che trovano appesi ai muri: solo la mediazione di don Gaetano, parroco di Montegranaro, riporterà la pace. Ma intanto la miccia è accesa.
GLI ANNI ’60
Il basket è argomento per pionieri, e non solo a Porto Sant’Elpidio, sono le Olimpiadi di Roma a traghettare lo sport di Mr. Naismith verso la modernità. I giochi olimpici del 1960 rappresentano l’occasione propizia per introdurre nuove regole, come i 30 secondi (diventeranno 24 solo nel 2000), l’infrazione di campo e l’abolizione del pareggio, inoltre l’uso del pallone americano diventa obbligatorio. Novità che rendono la pallacanestro uno sport più veloce e divertente, con partite maggiormente spettacolari ed emozionanti. Intanto il movimento tricolore si prende qualche soddisfazione: la Simmenthal Milano del futuro senatore Bill Bradley è la prima squadra italiana a vincere un titolo europeo, la Coppa dei Campioni, inserita in bacheca nel 1966.
Il San Crispino di coach Mozzorecchia prosegue per la sua strada e lascia crescere i suoi giovani, molti dei quali non tarderanno a ergersi a ruolo di protagonista. Come Giampiero Diomedi, più semplicemente “Pieri”, da lì a poco promosso capitano, giocatore completo, fortissimo al tiro e in penetrazione, anima della squadra. O come Giancarlo Pacini, futuro sindaco della città, playmaker in equilibrio tra tecnica e grinta, senza un gran tiro ma dall’indubbia prestanza fisica e un carattere da leader: giocherà in serie B con la Sangiorgese, il suo cartellino costerà quattro palloni. Da non dimenticare Dionigi Torchia, pivot massiccio, in grado di schiacciare a due mani, atleta a tutto tondo, a 18 anni è probabile olimpico juniores di salto in alto, Sergio Del Frate, esterno veloce e grintoso, Ugo Nigrisoli, talento da vendere, 195 centimetri di stazza, specialista nel tiro da fuori, il più tecnico della rosa, che continua a essere composta, tranne rarissime eccezioni, da soli elpidiensi. Ed è proprio un giocatore cresciuto in città a far parlare di sé: Monterubbianesi, che ormai tutti chiamano ‘Ngiulì, nel corso del campionato 1961/62, segna le bellezza di 55 punti contro la Robur Osimo, anche se il referto, redatto da Paolo Ribichini, suscita qualche sospetto…
La crescita dei giovani, i buoni piazzamenti, l’interesse suscitato negli ambienti sportivi cittadini e del circondario convincono la dirigenza del San Crispino al grande salto: il campionato di promozione ormai va troppo stretto, nel 1962 si fa strada la decisione di iscriversi alla B Regionale, il campo sarà quello della palestra delle scuole elementari Pennesi, mentre Monterubbianesi appende le scarpette al chiodo e si accomoda dietro la scrivania. Il salto di categoria rappresenta un rischio, visto che le avversarie da affrontare saranno più forti dal punto di vista fisico e tecnico, non per niente gli anni in arrivo porteranno tanta sofferenza dal punto di vista dei risultati, con tre stagioni terminate con altrettante retrocessioni (ma nelle prime due occasioni interverranno i ripescaggi). In compenso Mozzorecchia ne approfitta per lanciare nuovi, interessanti prospetti, come Carlo Rossi, tiratore micidiale che spesso finisce le partite con bottini di tutto rispetto, e Marcello Cannoni, pivot di statura non eccelsa, che impara diverse cose da dal suo coach, compreso il tiro in gancio, del quale diventa uno specialista Nel 1964, a Macerata, il San Crispino gioca il primo dei tanti spareggi della sua storia: se lo aggiudica Falconara per 66-65, l’arbitro, Belmonte di Spoleto, è oggetto di vivaci contestazioni da parte dai bianco-azzurri. Ma le cause dello scivolone sono da ricercare nella stanchezza di Magni e Nigrisoli, che la notte precedente avevano fatto bagordi…
Nel 1965, dopo il mancato ripescaggio, il quintetto elpidiense rimette i piedi in Promozione, che nel frattempo ha preso il nome di Serie D, il terreno di gioco torna a essere quello dell’antistadio Serafini. I ragazzi di Mozzorecchia, diventato allenatore a tutti gli effetti, con tanto di corso superato e tesserino in tasca, sono di nuovo destinati a campionati di vertice. Si fanno largo Italo Pambianco, ala dotata di buon tiro dal post alto, Raffaele Parmegiani, lungo con un ottimo gancio, Giuseppe Pepi, regista instancabile dalla carriera lunghissima. Quello del 1966/67 è un campionato da ricordare, archiviato dopo un bel terzo posto e dominato dalla Loreto Pesaro, i cui leader sono Paolo Gurini, futuro protagonista in serie A con la Maxi Mobili nonché papà del futuro bianco-azzurro Giacomo, e Franco Cinciarini, ovvero il padre di Daniele e Andrea. I pesaresi sono fortissimi e ne danno dimostrazione nella gara di andata contro Mozzorecchia e i suoi, vinta con l’altisonante punteggio di 63-25. Al ritorno, però, le cose cambiano: la San Crispino interpreta una partita perfetta e vince di mezzo canestro: i pesaresi subiscono l’ispirazione di Diomedi e Rossi, quest’ultimo se ne torna a casa con 38 punti all’attivo.
Nel 1969 la serie D si fa interregionale, la prima trasferta fuori dai confini marchigiani è a Ortona, in un campo dove farsi sfuggire la palla è pericolosissimo, a causa di uno strapiombo lontano non più di dieci metri dalla linea laterale. Vincono i nostri ma il bello deve ancora venire: la band di Mozzorecchia si ritrova in un ristorante dove è in corso un pranzo di nozze. I ragazzi si avvicinano timidi, scambiano qualche parola di circostanza, una battuta e via: tutta la squadra è invitata a unirsi ai tavoli. Un successo in tutti i sensi non c’è che dire!
La stagione prosegue bene per tutto il girone di andata, poi il vento della crisi si mette a spirare in modo inesorabile. Con il Viterbo, in un match perso negli ultimi istanti di gioco, il finale è nervoso: gli arbitri si ritrovano chiusi negli spogliatoi con la porta incastrata da un tavolo, la palestra Pennesi subisce una squalifica di cinque giornate. Il San Crispino chiude al terz’ultimo posto, in compagnia proprio dell’Ortona, per decidere chi scenderà al piano inferiore è necessario uno spareggio. Si gioca a Roseto, gli elpidiensi, grazie ai due successi ottenuti in stagione regolare, partono con i favori del pronostico, invece a vincere sono gli abruzzesi. Solo un altro ripescaggio consentirà agli uomini del presidente Belletti di rimanere in serie D.
GLI ANNI ’70
È il decennio decisivo per il basket dello stivale, ormai sport di massa. Merito dei successi della nazionale (terza agli Europei di Essen nel 1971 e in quelli di Belgrado quattro anni dopo), di Varese e Cantù che fanno incetta di Coppe europee, della nascita di campioni assoluti, Dino Meneghin e Pierluigi Marzorati su tutti, e di stranieri che abbelliscono il campionato di serie A con le loro prodezze, come Manuel Raga e Arthur Kenney prima, Bob Morse, Chuck Jura e John Sutter poi. Anche per il San Crispino sono anni d’oro, l’attività societaria si espande e non si limita alla sola prima squadra e al settore giovanile: nasce anche una sezione femminile, che tra il 1970 e il 1975 lascerà il segno nel campionato di Promozione.
La conferma che si sta materializzando una sia pur lenta svolta arriva nel corso della stagione 1970/71, quando il presidente Belletti mette a disposizione di coach Mozzorecchia un paio di elementi in arrivo da Roseto: si tratta di Camillo Curini e Giuseppe Pincelli, i primi giocatori provenienti da fuori regione, il loro prestito costerà la somma non indifferente di 500.000 Lire. I due sono decisivi per i bianco-azzurri, che chiudono l’annata al secondo posto, merito anche del potenziamento societario e dell’ingresso dei nuovi dirigenti Ubaldo Cognigni, Nicola Murgese e Giuseppe Silipo.
Una dirigenza che ormai sa il fatto suo, a dimostrarlo un derby con la Sutor giocato nel 1971/72. Partita tiratissima, come da tradizione: a un secondo dal termine il San Crispino è in avanti sul 50-48, la coppia arbitrale fischia fallo agli elpidiensi, Montegranaro ha due tiri liberi a disposizione ma li sbaglia entrambi. E l’ultimo secondo? Non si gioca: i direttori di gara sospendono il match dopo aver ricevuto delle minacce dai giocatori locali, o almeno così scrivono sul referto di gara: vincono gli ospiti, a tavolino. Monterubbianesi presenta ricorso, prova a spiegare alla disciplinare che sospendere una partita a un secondo dalla fine non ha senso, che i direttori di gara avrebbero dovuto decontestualizzare l’episodio. Argomenti ritenuti convincenti, il 50-48 è omologato, la Sutor è servita.
Nella prima metà dei ’70 emerge Mauro Cannoni, fratello di Marcello, playmaker dalla grande visione di gioco il cui cartellino, nel 1977, verrà ceduto alla Sangiorgese in cambio di un milione di Lire. Mauro è il primo giocatore dal quale la dirigenza bianco-azzurra riuscirà a ricavare del liquido. Dal 1973 al 1976 il campo di gioco è quello della Baldassarri di Porto San Giorgio, palestra che consente a tanti giovani di farsi le ossa. È il caso di Ermanno Pacini, Enrico Serafini, Giuseppe e Sandro Ciarabellini, Germano Pompini, detto “Serpa”, Enrico Moretti, Gracco Stortini, Marco Ferranti, in arte “Cappa”, Patrizio Cicchitti.
Nel 1976/77 (adesso si gioca il sabato sera) vede i nostri esordire in un nuovo impianto, la palestra “Faleriense” di via Pesaro, ma è un’annata sfortunata, chiusa al penultimo posto e retrocessione in Promozione. La stagione successiva parte con alcune novità: sulla casacca compare un nuovo marchio, quello del Centro Moda Marche, esercizio commerciale di Bruno Traini, la panchina passa tra le mani dell’ex assistente Diego Catani (che con il San Crispino è stato già giocatore, anni più tardi ricoprirà il ruolo di medico sociale) e, last but not least, per la prima volta il calendario offre alla San Crispino un derby cittadino, quello con l’Amatori, tra le cui fila figurano diversi ex come Giancarlo Pacini, Pambianco, Marcello Cannoni e Nigrisoli. Catani e i suoi finiscono terzi perdendo entrambe le stracittadine, sconfitte decisive, che pregiudicano il ritorno in D. Al termine dell’estate si torna alle vecchie abitudini: Mozzorecchia è di nuovo l’head coach: siamo al 1978/79, un campionato che definire spartiacque è riduttivo. Per capirne il perché, dobbiamo occuparci ancora una volta dell’Amatori, che nel corso della campagna acquisti ha messo su uno squadrone: in panchina c’è l’emergente Sergio Farina (ne parleremo più ampiamente tra poco…), nel roster, oltre agli ex San Crispino, sono integrati Pino Maccarone, il civitanovese Nazzareno Saccuti e “Rorò” Venanzi. Ultima giornata: gli uomini di Mozzorecchia, terzi in classifica, sono tagliati fuori dalla lotta per la promozione, mentre l’Amatori è prima assieme al Macerata. Il calendario, scherzo del destino, propone la stracittadina. La partita dell’anno si gioca alla palestra di via Pesaro, Mozzorecchia, quasi a offrire un patto di non belligeranza agli avversari, spedisce in campo un quintetto formato da giovanissimi, composto da Riccardo Bolognesi, Luigi Ciribeni, Carlo Chierici, Gaetano Quondamatteo e Angelo Orsini (figlio di “anima lunga”). I ragazzini, però, di interpretare il ruolo di vittime sacrificali non ne vogliono sapere e tirano fuori la classica partita perfetta. Farina non crede ai propri occhi, l’Amatori deve cedere e salutare la promozione in D (dove se ne va Macerata), rimane solo il tempo per una rissa da paura che prende il via non appena gli arbitri decretano la fine del match. Un derby che passa alla storia, e non solo per i pugni distribuiti senza risparmio nel finale: le due società decidono di smettere di farsi la guerra e finiscono per fondersi in un nuovo sodalizio, il Porto Sant’Elpidio Basket. Monterubbianesi ne diventa il presidente, Giancarlo Pacini e Pambianco – poi seguiti da Giovanni Bettacchi, Geremia Cannoni, Fausto Renzi e Norberto Zampaloni – entrano a far parte dell’organigramma societario. Crescono le ambizioni, il desiderio di creare nuove opportunità è forte. Per questa ragione, nel torneo 1979/80, la nuova dirigenza affianca all’allenatore Mozzorecchia e al suo assistente Catani un direttore tecnico, il pesarese Riccardo Bocci. Non potrà sedere in panchina a causa di una squalifica, ma il suo apporto in palestra si farà sentire. Come? Con i risultati. E che risultati! Su 22 partite giocate, il Centro Moda Marche ne vince… 22! Un cappotto clamoroso, che riporta il basket di Porto Sant’Elpidio in serie D e scomoda anche il settimanale specializzato Superbasket, tra le cui pagine comparirà la foto dei bianco-azzurra. Il roster è da ricordare: alla storica cavalcata partecipano Riccardo Bolognesi, Germano Bracalente, Enzo Catini, i fratelli Carlo e Giuseppe Chierici, Patrizio Cicchitti, Luigi Ciribeni, Vittorio Mandolesi, Paolo Marini, Angelo Orsini, Marco Pallotti, Giuseppe Pepi, Enzo Rosettani, Enrico Serafini e Carlo Valentini. Un collettivo straordinario, che costituirà l’ossatura del Porto Sant’Elpidio Basket del futuro. Il lavoro di Mozzorecchia è finalmente premiato, dopo oltre 20 anni sulla panchina della società che ha contribuito a far nascere e crescere ecco finalmente il premio di una promozione. Il coach si mette a pensare al futuro da costruire ma la dirigenza ha altre idee per la testa e gli dà il benservito: l’era di Alfredino finisce qui. Anzi, no.
GLI ANNI ’80
Negli anni ’80 il basket tricolore acquisisce la maturità definitiva. Il decennio si apre con la medaglia d’argento conquistata dagli azzurri di Sandro Gamba ai giochi olimpici di Mosca, prosegue con l’oro agli Europei di Nantes tre anni più tardi. In A1 approdano giocatori pazzeschi come Joe Barry Carrol, Bob Mc Addo, Dragan Kicanovic, si consolida la stella di Antonello Riva, l’Olimpia Milano di Mike D’Antoni e Dan Peterson domina il decennio inserendo in bacheca cinque scudetti e Pesaro, targato Scavolini, nel 1988 conquista il primo scudetto “made in Marche”.
Gli anni ’80 saranno d’oro anche per il Porto Sant’Elpidio Basket. Di fame ce n’è ancora, ne ha parecchia anche il neo allenatore Gianni Reali, un sangiorgese che da giocatore ha calcato i campi di serie B con la squadra della sua città. Reali affronta il campionato di serie D 1980/81, che vede l’ingresso del nuovo sponsor Formificio Ottini, con lo zoccolo duro che pochi mesi prima ha conquistato la promozione, integrato da elementi di sicuro affidamento come l’ex Amatori Maccarone, mentre da Jesi arriva Gianlorenzo Fiorenzi. Quest’ultimo, con i suoi numeri in attacco, si rivela determinante. La stagione è trionfale: l’Ottini chiude in vetta la prima fase del campionato e si qualifica a quella successiva, la Poule C2, dalla quale usciranno le due squadre da promuovere al piano superiore. È Gualdo Tadino a finire in cima, i bianco-azzurri finiscono alle spalle degli umbri, in coabitazione con il Terni, per decidere chi farà compagnia al Gualdo è necessario uno spareggio, in programma a Forlì. A vincerlo è l’Ottini per 88-77, Fiorenzi, con i suoi 36 punti, regala ai sempre più numerosi sostenitori bianco-azzurri la seconda promozione consecutiva. Anche a Porto Sant’Elpidio il basket è entrato nella maturità.
Dopo la promozione in C2, seguono due campionati di vertice, Reali porta con sé altri giocatori in uscita da Porto San Giorgio come Franco Putignano e Leo Rossi, di bianco-azzurro si veste un altro ex Amatori, Nazzareno Saccuti. Nel 1982 riecco Mauro Cannoni dopo le tante stagioni vissute in serie B, il suo ritorno non basta però ad agguantare i playoff, sfiorati di un soffio. Al termine della stagione finisce anche l’esperienza di Reali in bianco-azzurro: i tre anni elpidiensi del coach sono stati positivi, tanto che la palestra Faleriense non riesce più a contenere un pubblico ormai strabordante. Per fortuna, in via Ungheria, è sorto un palazzetto nuovo di pacca, inaugurato da un’amichevole con la Sangiorgese. Proprio da Porto San Giorgio arrivano, nell’1983/84, il pivot Raffaele Luciani e la spettacolare ala Marco Sbattella, mentre la panchina è affidata a Stefano Pellegrini, tecnico di categoria e di indiscutibile esperienza. Il Porto Sant’Elpidio parte con ambizioni di alta classifica, ne consegue che il settimo posto di gennaio è perlomeno deludente: Pellegrini se ne va verso l’esonero, cosa mai successa prima da queste parti. A succedergli è un giovane di belle speranze, Enzo Catini, uno che l’ambiente lo conosce bene per essere stato uno dei tanti giocatori allenati da Mozzorecchia. Catini riesce a dare la scossa, Ciribeni e compagni risalgono la china e agguantano, sia pur in modo rocambolesco (decisivo un ricorso del Matelica, che una volta accolto toglie due punti all’Umbertide) i playoff, dove, in semifinale, trovano l’imbattibile Lupo Pesaro di Giovanni Diana, play dai significativi trascorsi in serie A. I pesaresi vincono 2-0, risultato inevitabile, Catini saluta, anche se il suo non è un addio.
I tempi sono maturi per un altro salto. Ugo Renzi fa il suo ingresso nell’organigramma societario (è il nuovo vicepresidente), il nipote Valentino Renzi (destinato a un fulgido avvenire…) va a ricoprire un nuovo ruolo, quello del direttore sportivo. A rimpinguare le casse bianco-azzurre ecco la Cassa di Risparmio di Ascoli Piceno, ovvero il nuovo sponsor. Il mercato estivo è scoppiettante: gli arrivi di Sergio Zoppi, gran talento offensivo già alla Sangiorgese, e del lungo Paolo Pettinari rendono felice il nuovo coach, Riccardo Izzo, pesarese, docente di basket all’Isef di Urbino. Una stagione bellissima quella dell’1984/85: Zoppi approfitta dell’introduzione del tiro da tre per segnare 57 punti contro Foligno, un record tuttora imbattuto in casa Porto Sant’Elpidio Basket. A novembre Germano Chiurchiù prende il posto di Maccarone, ceduto al Porto Recanati: qualche mese dopo, Pino rimarrà vittima di una leucemia fulminante. Cannoni e compagni chiudono la stagione regolare sul gradino più alto e accedono ai playoff. La finale è con Senigallia, Izzo e i suoi se la aggiudicano per 2-1: significa approdo in C1.
Come da tradizione, la società – che nel frattempo ha trovato una nuova sponsorizzazione, quella della Cassa di Risparmio di Fermo – decide di non confermare l’allenatore che vince: nell’estate del 1985 sbarca a Porto Sant’Elpidio Mimmo Trivelli, tecnico di esperienza. Sembra l’uomo giusto per traghettare il club in vista delle imminenti riforme, quelle che daranno vita ai campionati di B d’Eccellenza (la B1), dove finiranno le prime classificate di ogni girone, e di B (la B2), riservata a chi si piazzerà tra il secondo e il nono posto. Si punta alla B2, ma anche a una stagione di vertice. D’altra parte il mercato estivo ha regalato a Trivelli tanti pezzi da novanta, tra i quali Roberto Quercia, classe 1949, una delle migliori ali italiane degli anni ’70 (e probabilmente il giocatore maggiormente dotato di tecnica mai visto in casacca bianco-azzurra), ultimi due campionati a Porto San Giorgio, dove è stato decisivo nella conquista della serie A2. È una stagione vissuta tra alti e bassi, molti dei neo arrivati, alcuni dei quali arrivati ormai sul viale del tramonto, deludono. I migliori, oltre a Quercia, sono Bolognesi e Ciribeni, è anche grazie a loro che alla fine sarà sesto posto: si va in B2, niente da dire.
Arriva l’estate e Porto Sant’Elpidio si fa bella con un torneo internazionale, che vede la partecipazione di Sangiorgese, Jolly Colombani Forlì, Chesterfield All Stars (selezione di giocatori americani), e della nazionale jugoslava guidata da Kresimir Cosic, tra la quale ci sarebbe anche Drazen Petrovic, che però si limita a guardare le partite dalla tribuna. Poco dopo sbarcano in città, per una tournée, le rappresentative italiane militare e juniores, occasione per vedere all’opera qualche giovane che da lì a poco si farà conoscere, tipo Nando Gentile e Riccardo Pittis. E mentre al palas di via Ungheria ci si diverte, Monterubbianesi e Renzi lavorano per regalare altre soddisfazioni agli appassionati elpidiensi. Trivelli è confermato, mentre il ds si libera dei vecchietti, conferma Bolognesi, Ciribeni e Orsini, fa tornare Chiurchiù e forma una squadra di ragazzi con la voglia di emergere. Peccato che quasi tutti, l’eccezione è l’ex Porto Recanati Andrea Paliani, non riusciranno a lasciare il segno. La conferma giunge dai risultati e dalla sofferenza che sarà la costante della stagione 1986/87. Il deludente (e non solo in campo) Stefano Bertoletti è cacciato via dopo cinque giornate, lo sostituisce Mario Del Vicario, un avvicendamento che non basta alla Carifermo per togliersi dalla melma del fondo classifica. La sconfitta interna con il Costone Siena è fatale a Trivelli, che viene esonerato, il suo posto è occupato da Gracco Stortini, elpidiense Doc. Il neo coach ha a disposizione cinque partite per cogliere la salvezza, se ne aggiudica tre, tanto basta per aggrapparsi a uno spareggio che vedrà coinvolte, oltre alla Carifermo, il Costone Siena e la Lazio Roma, allenata da Giulio Jellini. La speranza di restare in B2 passa attraverso il palazzetto dello sport di Umbertide, dove la Carifermo gioca il primo set con la Lazio e lo fa suo, grazie anche ai 24 punti messi a segno da Luigi Rustici. Resta da battere Siena, che nel frattempo ha avuto la peggio nei confronti dei romani: agli elpidiensi è sufficiente una semplice vittoria, i toscani, oltre a vincere, dovranno dare un’occhiata alla differenza punti. La partita più importante dell’anno è anche la più triste: il Costone aggredisce sin da subito, la Carifermo reagisce e nella ripresa riesce a ritrovarsi. L’arrembaggio non serve: Siena vince 99-97, il Porto Sant’Elpidio retrocede (e si salva la Lazio), la direttrice di gara Frabetti è contestatissima, specie dai tanti tifosi giunti a Umbertide con la speranza di commentare un risultato diverso. La rabbia la fa da padrona, subito dopo la sirena qualche vetrata del palas umbro se ne va in frantumi: la stagione successiva inizierà con tre giornate di squalifica al parquet di via Ungheria.
L’estate del 1987 porta in dote la serie C, logico che si lavori per un roster adatto alla categoria. Intanto Valentino Renzi lascia per seguire le sirene della Sangiorgese, gli succede Pompeo Turrini, che nella borsa della spesa infila il lungo Fabrizio Cecchetti e l’ex Stamura Giorgio Panzini, tra i giovani fa la sua apparizione Rossano Cappella. Il confermato Stortini sogna una stagione al vertice ma qualche giorno prima dell’esordio stagionale arriva la notizia: il Porto Sant’Elpidio Basket è ripescato in B2. Il presidente Monterubbianesi non ci pensa nemmeno un attimo, il ritorno in cadetteria diventa realtà. Con tutti i limiti del caso. E in effetti la squadra di Stortini non riesce a reggere l’impatto, si cerca aiuto nel mercato di riparazione: l’arrivo del brindisino Roberto Milocco non cambia le cose. La retrocessione è servita, ma non tutto il male viene per nuocere: Cecchetti ha disputato un ottimo campionato, la Jolly Colombani Forlì acquista il suo cartellino per 170 milioni di Lire: una boccata d’ossigeno.
Nella stagione successiva Turrini fornisce al confermato coach Stortini un roster che dovrebbe regalare una certa tranquillità: a dar man forte ai colori bianco-azzurri ecco gli ex Ancona Alessandro Cantani e Mauro Serini, sotto canestro si inserisce il gigante buono Franco Cossiri. La prima parte della stagione fila via dritta, anche perché Cappella è cresciuto, e Bolognesi e Ciribeni, assieme a Paliani, distribuiscono esperienza e certezze. Eppure l’inverno porta con sé la crisi: una striscia di sette sconfitte precipita il Porto Sant’Elpidio nei bassifondi della graduatoria, solo un successo sul Gubbio all’ultima giornata evita il peggio: si chiude al tredicesimo posto, assieme a Cagli, Todi e Umbertide. È ancora spareggio, e questa volta la salvezza è in gioco a Cesena. Stortini e i suoi iniziano male, perdendo con Cagli, poi arrivano i successi su Umbertide e Todi, quest’ultimo battuto con il contributo del braccio armato di Ciribeni, autore di 38 punti, conditi da un 15/19 dal campo. Una stagione archiviata senza rimpianti, solo Cappella ha qualche motivo per gioire: il suo cartellino è ceduto al Faenza per 110 milioni di Lire, la prima tappa di una brillante carriera che lo vedrà arrivare fino alla B d’Eccellenza. Troppo poco per nascondere l’esigenza di un sussulto che rimetta in circolo l’entusiasmo. Ci pensa Ugo Renzi, che dopo qualche anno di lontananza dall’ambiente cestistico cittadino torna a far sentire la sua voce e a metterci la faccia. L’imprenditore elpidiense è nominato presidente, sotto il suo impulso la prima squadra si rinforza: rimangono i soli Bolognesi, Ciribeni, Chiurchiù e Paliani, i volti nuovi sono quelli di Giovanni Calcagnini, Paolo Maiolo e Costantino Petta, nuovo anche il marchio che compare sulle canotte bianco-azzurre: Calzaturifici Riuniti, sponsor atipico nato con l’ambizione di pubblicizzare la più redditizia delle industrie cittadine. Anche in panchina c’è una novità, a offrirla è Sergio Farina, noto, come abbiamo visto, per i suoi trascorsi con l’Amatori, ma soprattutto per essere stato alla guida della Sutor. L’allenatore sangiorgese plasma una squadra divertente e al tempo stesso concreta, Calcagnini (mai visto uno così spettacolare), Petta e Maiolo sono macchine da canestro perfette, conquistare il vertice della classifica è un attimo, così come far spellare le mani al pubblico del palasport di via Ungheria, che digerisce sin da subito la nuova collocazione delle partite interne, ora in programma la domenica pomeriggio. I Calzaturifici Riuniti sono primi assieme al San Benedetto al termine del girone di andata ma il cammino è ancora lungo e pieno di ostacoli. Bolognesi si fa male contro Calderara, deve stare fermo un mese, Farina sposta Petta in regia ma non è la stessa cosa. I ragazzi tengono ma a Mirandola accade l’imprevedibile: Farina può di nuovo schierare Bolognesi dopo lo stop, Maiolo e Chiurchiù non sono al meglio, ne esce fuori un -29 pesante, che fa male. E fin qui nulla di strano, ma il presidente Renzi è arrabbiato e a fine match si rende protagonista di un alterco con il coach. La litigata è furiosa e non può non lasciare il segno: Farina si accomoda alla porta d’uscita, poco conta che il secondo posto sia ancora saldamente in mano e la promozione a pochi passi di distanza. La decisione è irrevocabile, per affrontare le ultime sei giornate di campionato, la dirigenza si affida all’usato sicuro e richiama Izzo. Che riprende le vecchie abitudini, cioè a vincere. Izzo si aggiudica le prime tre partite, segue una sconfitta in casa dell’Alfa Forlì. Poco male, tanto basterà attendere una settimana e battere Medicina. È una domenica di sole, il palas è pieno come un uovo e c’è aria di festa. I Calzaturifici Riuniti non hanno però fatto i conti con gli emiliani, che rovinano tutto andando a prendere due punti di una partita bruttina, finita 72-73, con gli uomini di Izzo che buttano via l’ultimo possesso. Pazienza, c’è ancora un set-ball e i Calzaturifici Riuniti lo sfruttano a pieno la settimana successiva, vincendo a Osimo. È il ritorno in B2, al termine di una stagione densa di tante, troppe emozioni.
GLI ANNI ’90
Bologna che diventa basket-city, il 3+1 di Sasha Danilovic, gli 87 punti segnati da Carlton Myers a Udine, il talento di Toni Kucoc, la vitalità della nazionale azzurra, Vincenzo Esposito e Stefano Rusconi primi italiani a varcare la soglia dell’Nba. Ecco, in una foto sin troppo parziale, il basket italiano dei ’90, un decennio brillante ma con qualche crepa che comincia ad aprirsi. Per il Porto Sant’Elpidio Basket sono anni ambiziosi, da ricordare, vissuti tra momenti esaltanti e altri un po’ meno.
Il presidente Renzi è deciso a rinnovare i fasti del recente passato: la Der Cuoio (questo il nuovo abbinamento) dovrà recitare una parte di primo piano anche nel campionato 1990/91, quello del ritorno In B2, quello dell’approdo di Domenico Sorgentone. Un coach preparato, che ha realizzato ottime cose nella sua Roseto, un professionista a tutto tondo. Renzi non bada a spese e gli mette a disposizione un roster di buon livello: Turrini pesca il roccioso Vincenzo Nunzi, l’elegante Alessandro Mori e la promessa (non mantenuta) Vincenzo Zangrando, e conferma, oltre ai due indigeni Bolognesi e Ciribeni, Calcagnini, Chiurchiù, Maiolo e Petta. Un collettivo dal quale esce una squadra dall’elevato tasso tecnico. La Der Cuoio si inserisce nel gruppo di vertice, finisce la prima parte della stagione sul quarto gradino, in zona playoff. Nel girone di ritorno perde terreno, in compenso il finale è da urlo: negli ultimi 40’ i bianco-azzurri vanno a vincere in casa del Cassino, guidato dal “divino” Serghei Belov, blitz insufficiente a conquistare la post season, il quinto posto finale è comunque da incorniciare. E convince la dirigenza a insistere. Non per niente, il Porto Sant’Elpidio è il protagonista assoluto del mercato estivo del 1991, inaugurato con un crack: il nuovo playmaker è Stefano Briga, una vita passata in serie A con addosso le casacche di Montecatini e Cremona. E non finisce qui, perché a prendere al posto di Calcagnini, Maiolo e Zangrando ecco il grintoso Eugenio Colò e i giovani Lorenzo Boggia e Angelo Dellarovere. Uno squadrone, costato fior di milioni tra cartellini e ingaggi, inevitabile puntare ai playoff. E forse a qualcosa di più. Eppure la ruota non gira. Il pubblico si diverte solo con le risse generate con generosità da Colò (memorabile quella di Ancona), per il resto c’è poco da ridere. Il cammino degli elpidiensi ha un andamento poco più che mediocre, la dirigenza risponde prima tagliando gli stipendi, poi con una decisione drastica, quella di spedire a casa Sorgentone. La caccia al nuovo coach ha un esito sorprendente: sulla panchina del Porto Sant’Elpidio Basket torna nientedimeno che Mozzorecchia! Sì, Alfredino, quello messo alla porta senza troppi complimenti dodici anni prima. Una scelta coraggiosa e per fortuna azzeccata: il cambio rigenera come d’incanto i bianco-azzurri, che tornano a vincere e a esprimere un basket di buon livello. Mozzorecchia si prende delle soddisfazioni: batte la corazzata Vicenza, sconfitta per 109-104 dopo una partita bellissima, e si aggiudica il derby con la Sutor. Alla fine chiude con un più che onorevole sesto posto. Per Alfredo è l’inizio di una seconda giovinezza, peccato che per il sodalizio elpidiense siano momenti difficili: Renzi molla la poltrona, qualche mese dopo un male incurabile se lo porterà via. A succedergli, ma solo per un breve periodo, è suo cugino, Fausto Renzi, un interregno dopo il quale ci sarà l’ingresso di Giovanni Balestrini, manager dello stesso Gruppo Renzi.
La stagione 1992/93 si apre con un drastico taglio di budget, di conseguenza le ambizioni di alta classifica finiscono in un cassetto. La salvezza basta e avanza, al confermato Mozzorecchia non si chiede di più. Anche perché il coach deve fare a meno della maggior parte dei pezzi pregiati della stagione precedente: cambiano aria Petta, Mori, Briga, Nunzi, rimpiazzati con l’ex Sutor Tiziano Montaguti, il ravennate Sergio Bottaro, il play tascabile Alessandro Ribichini e l’oggetto misterioso Enzo Bresolin. Solo che Bottaro arriva già rotto ed è tagliato senza avere la possibilità di mettere i piedi sul parquet. Il roster è quindi ridotto ai minimi termini e la panchina quasi inesistente, Mozzorecchia fa quel che può. E può ben poco. Dopo la nona giornata i punti in classifica sono appena due, i dirigenti mettono una pezza con Domenico Di Donna, la settimana successiva ne inserisce un’altra con l’arrivo di Alessandro Goti. Non succede nulla, almeno per il momento, Mozzorecchia non accampa scuse e si dimette. Il suo erede è Francesco Picotti, ex Sutor, ma le sconfitte si succedono una dietro l’altra. I nuovi non incidono, Montaguti delude, la retrocessione è a un passo. Poi succede qualcosa: il successo interno sul Montecchio (tripla vincente di Ciribeni allo sirena) sembra un fatto isolato, invece segna l’inizio della riscossa. All’improvviso Montaguti torna a fare il Montaguti, Boggia e Dellarovere si svegliano, Ribichini non fa rimpiangere Bolognesi quando quest’ultimo si fa male e, soprattutto, i nuovi arrivati diventano devastanti. I due mettono a ferro e fuoco i canestri avversari, fanno male e segnano con continuità (Di Donna chiuderà con una media di quasi 20 punti a partita, Goti, forse il giocatore più forte mai visto a Porto Sant’Elpidio, con oltre 26), raggiungere la salvezza diventa un gioco da ragazzi. E il dodicesimo posto equivale a uno scudetto.
Nell’estate successiva c’è il solito via vai: Di Donna e Goti, purtroppo, dicono addio, a compensarli il ritorno di Petta e Mori, che assieme agli immarcescibili Bolognesi e Ciribeni, a Dellarovere e Ribichini, formano il fulcro della squadra bianco-azzurra targata Nanni. La panchina è corta (ma lì mezzo c’è un giovanotto che risponde al nome di Gionni Pallotti) e la stagione parte maluccio. Anzi, malissimo. Le prime otto giornate coincidono con altrettante sconfitte, Bolognesi va ko dopo un infortunio, Picotti chiede rinforzi e li ottiene: Pino Romano, una testa matta fortissima in campo aperto, e Davide Scalorbi, un passato in B1 con la Sangiorgese. Piccolo problema: sono entrambi senior, sarà quindi necessario un turnover. I due danno più che una mano, ma lo sperato effetto Di Donna-Goti non c’è. Picotti dà le dimissioni dopo un nulla di fatto a Roma, in casa Halley, Bruno Arpaia si accomoda al suo posto. Il tecnico romagnolo riesce solo a limitare i danni, allontanando lo spettro dell’ultimo posto. La retrocessione non è una sorpresa, a sorprendere è invece Dellarovere, ormai una certezza sotto i tabelloni. Il pivot genovese manterrà un ottimo ricordo dei suoi anni in riva all’Adriatico, anni più tardi scriverà un libro, “La palla nel cesto”, uno spassosissimo romanzo sul mondo del basket ispirato alla sua esperienza in bianco-azzurro.
La C1 è lì che aspetta, la Nanni vi arriva con una nuova guida, il pesarese Giulio Tonucci, e con qualche pezzo interessante che il ds Turrini non vede l’ora di mettere in vetrina. Leggasi Gianluca Trisciani, play di ottimo livello, campione d’Italia con la Virtus Bologna nel 1984, sia pur in un ruolo marginale, ex Sutor come Guido Cenderelli, poi Marco Peracchia da Roseto e il triestino Marco Villanovich. Tonucci azzarda: trasforma il trentaduenne Bolognesi in guardia, mossa che provoca scetticismo, ma il coach dimostrerà di avere ragione. Non avrà tempo di godersi fino in fondo l’intuizione, l’avventura del coach pesarese con la Nanni sarà breve: dopo un successo colto in casa col Giulianova, Cenderelli e Peracchia si accomodano in infermeria, Tonucci attende rinforzi che non arrivano, le dimissioni chiudono il discorso. Per il quarto anno consecutivo, la panchina bianco-azzurra cambia padrone, la girandola questa volta porta Tullio Valentini, ex assistente di Cesare Pancotto alla Sangiorgese. La pazienza è l’arma principale del neo allenatore, che aspetta il ritorno degli infortunati e risale la classifica fino a chiudere in undicesima posizione. Per come era cominciata, non c’è da lamentarsi. Il problema, però, è un altro: nell’ultima giornata, match con Roseto, il botteghino stacca solo undici biglietti. È il segnale, inequivocabile, che qualcosa si è rotto, un allarme per il nuovo presidente, Agostino Renzi. Che non solo deve vedersela con la disaffezione degli sportivi della città ma anche con la deflagrazione di problemi economici non proprio facili da risolvere, lodi federali in primis. Si rischia di chiudere baracca e burattini, per evitare una fine ingloriosa, Renzi e Monterubbianesi tirano la cinghia, rinunciano alla figura del direttore sportivo, minimizzano i costi, ma riescono comunque a dare in mano a Valentini una squadra più che dignitosa. Il cui leader è Enrico Gaeta, uscito dalle giovanili della Scavolini Pesaro, ala dall’incredibile potenza, un trascinatore che chiuderà la sua annata con 21 punti e passa di media. Gaeta arriva assieme al lungo Valentino Calabrese, tradito dal menisco dopo poche giornate, Pallotti è pronto a non farlo rimpiangere, il suo è il campionato della consacrazione. Per la Nanni è una buona annata, grazie anche a un Trisciani maiuscolo, nel girone di ritorno si intravede la possibilità di entrare nella post season, ma i playoff rimangono un miraggio. Segue un altro anno di transizione, con Valentini sempre al comando: Gaeta è finito in serie A, a Fabriano, torna Cantani, c’è Massimo Foresi da Montegranaro, oltre all’abruzzese Francesco Ciardelli. Quest’ultimo è la rivelazione della stagione 1996/97, con tanto di partecipazione all’All Star Game di C1, mentre Pallotti si dimostra sempre più sicuro dei suoi mezzi, a fine stagione risulterà il miglior stoppatore del girone. La salvezza giunge senza patemi, nonostante l’improvviso abbandono di Trisciani, ma per Valentini e il suo staff arrivare sino in fondo non è stato facile: il roster è troppo corto, barcamenarsi in palestra con gli uomini contati equivale a un’impresa. La dirigenza, nella stagione 1997/98, prova a tranquillizzare il coach e a fornirgli un collettivo più profondo. Compito facilitato da una nuova sponsorizzazione, la Sergio Pacini Pellami, e da una campagna acquisti più curata, che porta in bianco-azzurro il play sangiorgese Giorgio Bolognini e l’ala pivot Enrico Buiatti, reduce da una buona stagione a Montegranaro. Secondo Valentini la squadra può salvarsi in modo tranquillo, il presidente Renzi è convinto che si possa fare di meglio. Eppure i primi 80’ sul campo valgono due sconfitte, Valentini e Renzi si guardano negli occhi e vanno verso una separazione consensuale, aprendo così la strada al ritorno di Enzo Catini. In questi tredici anni, il coach elpidiense non è rimasto con le mani in mano, anzi: ha raggiunto lo status di vincente alla guida della Faleria, la squadra femminile della città, ha sfiorato più volte la serie A e conquistato una Coppa Italia. Quando arriva alla corte di Renzi, il neo coach deve lavorare non poco per imporre le sue teorie, fatte di difese muscolari e ritmi lenti in attacco. A dargli man forte arriva Domenico Romagnoli, uscito anni prima dagli stessi settori giovanili elpidiensi e spedito a ricoprire un ruolo importante nello scacchiere di Catini, che lo manda spesso in marcatura sull’avversario più pericoloso dal punto di vista offensivo. La retrocessione in C2 è sventata all’ultima giornata, quando la Sergio Pacini batte l’Atri e riesce a qualificarsi all’ennesimo spareggio salvezza. La squadra da battere è il Civitavecchia di “Gugu” Dordei, il teatro delle operazioni è il palasport di Todi. Catini mette fine all’agonia e si aggiudica match e salvezza. È stato un anno stressante, il presidente Renzi e il suo vice Monterubbianesi non vanno più d’accordo, tra i due il divorzio è inevitabile, ma a imporsi è Renzi. ‘Ngiulì è costretto a lasciare dopo una militanza lunga più di quarant’anni.
Il dopo Monterubbianesi prende corpo con una nuova società, al cui vertice c’è sempre Renzi, formata da un pool di imprenditori e professionisti del mondo commerciale e industriale. Sulle canotte bianco-azzurre compare il logo del Suolificio Stella, azienda presieduta da Renato Chiappa, mentre la nuova squadra riparte da Catini. Che ritrova il direttore sportivo Giuseppe Pacini e il preparatore atletico Dennis Marconi, entrambi già nella Faleria. Pacini prende Salvatore Di Roberto, il figlio d’arte Giovanni Gurini e Nicola Nardi, oltre a Gionata Bizzarri e Giampiero Cardinali. Finalmente l’obiettivo non sarà quello della salvezza, il roster consente di puntare a qualcosa di più. E non è solo una sensazione: Catini imposta una squadra che esprime un bel basket, i risultati non tardano a giungere. Gurini si fa male a metà campionato, in compenso i playoff ci sono. Nei quarti la Stella trova il Tolentino, liquidato con un perentorio 2-0, in semifinale l’avversario da battere è la Stamura Ancona, e stavolta c’è poco da fare, se non costringere i dorici, da lì a poco promossi in B2, alla bella. Una delusione? Per nulla: il pubblico si è divertito ed è tornato in massa sugli spalti del palas di via Ungheria. Il feeling con la città è quello di un tempo, non c’è alcun motivo per lamentarsi.
Siamo al 1999, Renzi e Chiappa rilanciano, gli addii di Nardi e Gurini lasciano l’amaro in bocca ma bando ai rimpianti, perché al loro posto ci sono due romanacci di gran valore, Andrea Casasola e Daniele Iagrosso, mentre lo scettro di playmaker è affidato alle mani di Andrea Pesci, cresciuto alla Sutor e con trascorsi importanti in B1. Ci sono tutte le condizioni per un’altra annata al vertice, ed effettivamente sarà così. Alla fine della stagione regolare, la Stella è terza ma decide di non accontentarsi e di provare ad arrivare sino in fondo. Nei playoff i bianco-azzurri sembrano lanciati, si sbarazzano facilmente della Santarcangiolese con un 2-0 e centrano la semifinale, dove pescano l’Atri di Sorgentone. Tre partite tiratissime, decise dal fattore campo. In gara -3, al palazzetto di Atri, Catini e i suoi se la giocano fino in fondo, l’equilibrio è rotto solo nel finale, quando la grinta di Cristian Crescenzi finisce per scavare il gap. È la vendetta dell’ex, ma il Suolificio Stella esce di scena a testa alta. Il nuovo millennio si apre con ancora ben saldo il binomio P.S.Elpidio Basket – Suolificio Stella. Al timone della formazione 2000-2001 c’è sempre coach Catini ed il roster propone elementi qualitativi come il sangiorgese Gambacorta ed il play Casasola. Capitan Bolognesi è al suo ultimo anno da giocatore mentre il reparto lunghi è ben assortito con la fisicità di Gionni Pallotti, l’esperienza di Daniele Iagrosso e lo sconfinato talento di un jolly come Francesco Ciardelli. Il Suolificio Stella conquista i play off e nei quarti di finale sconfigge grazie ad un super Bolognesi il Gualdo Tadino. La semifinale contro Montecchio non è fortunata e nonostante il mega esodo di tifosi elpidiensi in quel di Sant’Angelo in Lizzola, Bolognesi e compagni devono arrendersi in gara 3. Addio sogni di gloria.
Finisce un epoca, coach Catini lascia la panchina, Riccardo Bolognesi appende le scarpette al chiodo ma il presidente Ripari non molla. Fausto Lovatti è il nuovo ds. Fortemente deciso a riportare Porto Sant’Elpidio in Serie B, il numero uno elpidiense chiama alla guida della squadra un coach assetato di successo come Piero Bianchi. Il roster della stagione 2001/2002 è a dir poco “illegale” per la categoria. Caldarelli, Gambacorta, Ciardelli, Iagrosso, Pallotti, Crescenzi, Evangelisti. La “Stella” vola, le sconfitte di Senigallia e Santa Maria degli Angeli non intaccano il percorso dei biancoazzurri che trovano a Foligno la svolta. A sei secondi dalla fine la squadra umbra conduce di tre lunghezze. Gambacorta subisce fallo mentre tenta un disperato tiro da tre punti. La panchina ospite protesta, si becca un tecnico poi ancora un altro. La guardia sangiorgese fa sei su sette dalla lunetta e per Porto Sant’Elpidio è un trionfo inaspettato. Il girone di ritorno è una marcia irresistibile; Ciardelli affonda Senigallia con un epico 6/6 da tre in una gara ancora viva nella mente degli sportivi elpidiensi ed ai play off la cavalcata è trionfale. Fabriano va ko con un secco 2-0, stessa storia la finale con Civitanova. Finalmente è Serie B, l’incubo è finito.
Il ritorno nel basket che conta non è però cosi semplice, due punti nelle prime quattro gare gettano ombre sulla squadra 2002/2003 del confermatissimo coach Bianchi. Non ci sono più Iagrosso e Crescenzi e a dar manforte nell’area pitturata a Pallotti arrivano Radovanovic e Rivera. Tra novembre e dicembre il Suolificio Stella si riscatta e inanella nove vittorie consecutive. Porto Sant’Elpidio è prima in classifica, la città vive un sogno ed il Palas ogni domenica è una bolgia assordante. Cadono sul parquet di Via Ungheria corazzate come la Spar Pesaro e Senigallia ma nel girone di ritorno è inevitabile un leggero calo. Alla fine sarà quinto posto, come Sorgentone nel 1991 e quarto di finale play off contro A&O Pesaro (ex Montecchio). La vendetta è servita, il 2-0 parla chiaro. La semifinale è contro l’altra squadra di Pesaro, la Spar, la più forte. I pesaresi sono irresistibili e saliranno successivamente in B1 vincendo la finale contro Senigallia. Stella fuori a testa altissima.
L a stagione 2003/2004, la seconda consecutiva in B, vede un roster elpidiense profondamente rinnovato. Lasciano Gambacorta (Osimo Serie A2), Radovanovic, Rivera, Evangelisti ed approdano in riva all’Adriatico la guardia osimana Cristiano Domesi, l’ala senese Filippo Franceschini, il play rosetano Zitti. Non è una stagione da spellarsi le mani, pochi gli acuti, tra cui la vittoria nel derby contro Senigallia. Nel girone di ritorno urge un rinforzo ed il ds Lovatti individua in Claudio Ciampi l’ala-pivot necessaria a risollevare le sorti di una squadra che dovrà affrontare i play out per restare in B.
Sulla strada di Caldarelli e compagni c’è ancora Civitanova, è ancora 2-0 grazie alle prodezze di Ciampi e Domesi. La B è in salvo.
Altra rivoluzione, si chiude l’epoca di Ripari presidente e testimone che passa nelle mani di Stefano Vecchi supportato dall’ormai storico “Suolificio Stella”. Nuovo anche il coach che risponde al nome di Maurizio Marinucci mentre si fa da parte anche il ds Lovatti che lascia il posto a Riccardo Bolognesi ex bandiera elpidiense. La politica è quella di dare spazio ai giovani per una formazione che annovera però anche gente esperta come Gaeta (a P.S.Elpidio anche nel 94-95), Bizzotto,Caldarelli. La prima parte del campionato 2004/2005 è drammatica, coach Marinucci perde sette partite su sette. La Stella è ultima in classifica. La società non può più aspettare e solleva dall’incarico il giovane coach. Al suo posto arriva Marco Schiavi, ex giocatore della Sangiorgese e tecnico navigato nella categoria. Non sarà l’unico cambiamento in casa elpidiense perché insieme al neo coach arriverà anche Simone Di Trani, talentuoso play-guardia di Pavia.
Il cambio di guida e l’innesto di Di Trani sono un toccasana per Caldarelli e compagni. Nel girone di ritorno Porto Sant’Elpidio ottiene undici vittorie su quindici partite e conquista i play-out. L’ostacolo si chiama Bears Mestre, squadra solida e ben costruita. Gara 1 in terra elpidiense è biancoazzurra, al Taliercio non riesce il blitz ed occorre gara 3 per poter festeggiare la permanenza nella categoria.
Stagione 2005/2006, si cambia di nuovo e anche parecchio. Stefano Vecchi passa la mano a Oscar Bonifazi, volto noto della politica locale in quanto ex assessore allo sport del Comune di Porto Sant’Elpidio. Coach Schiavi cede alle lusinghe della Stamura Ancona in B1, Fausto Lovatti subentra a Riccardo Bolognesi nel ruolo di DS e panchina affidata a Massimo Padovano, coach dai trascorsi in quel di Recanati. Il Suolificio Stella è nel girone D, quello del Sud. Trasferte lunghe come Catanzaro, Potenza, Melfi, Salerno non portano quasi mai successi mentre è proprio in casa che la compagine elpidiense costruisce le sue fortune. Caldarelli è ancora il fulcro, Poli e Conti gli esterni dotati di grande atletismo, Contigiani,Diener,Sanlorenzo e Ferraro a dare sostanza sotto le plance. La squadra a sprazzi diverte e conquista i play off. Il quarto di finale contro Catanzaro comincia male, in Calabria sconfitta, mentre gara due a P.S.Elpidio sembra essere alla portata. Sembra….perchè a quattro minuti dalla fine con la Stella avanti di quasi venti punti accade l’impensabile, Catanzaro rimonta e vince 82-80. Fine dei giochi.
L’estate del 2006 sarà una di quelle da ricordare per lo sport cittadino. Mentre la Nazionale italiana di calcio diventa Campione del Mondo il Porto Sant’Elpidio Basket lancia il suo ultimo grido di allarme. O si trovano nuovi partner oppure il basket chiuderà i battenti. Nessuno si fa avanti, anzi si. Un aiuto arriva da Porto San Giorgio. Il Porto San Giorgio Basket del patron Giuseppe Ficiarà è l’ancora di salvataggio per il movimento elpidiense. Nasce quindi la “Riviera del Fermano Basket” che non è una fusione tra Porto Sant’Elpidio Basket e Porto San Giorgio Basket ma un cambio di denominazione del sodalizio elpidiense. Il codice di affiliazione è lo storico 000338 e la sede è quella di Via Svevo. Il girone di andata si gioca al palas di Via Ungheria, quello di ritorno al PalaSavelli di Porto San Giorgio. L’idea è quella di creare una grande squadra del territorio con obiettivo iniziale i play-off per poi puntare più in alto nelle future stagioni. Unire due città tanto vicine ma altrettanto diverse per mentalità e costume non è cosa facile. Porto Sant’Elpidio la vive come la fine del basket, non sente sua quella squadra. Porto San Giorgio nemmeno ne conosce l’esistenza. Nonostante ciò il girone di andata si conclude con la Riviera del Fermano in piena lotta per la salvezza. Il roster non sarebbe nemmeno da buttare; Paluan e Savini in cabina di regia con Ivano De Sanctis, Mosconi, Tombolini e Contigiani sugli esterni. Nel reparto lunghi spicca Marco Ciavolella mentre giovanissima è la panchina con Selicato, Brunetti e Jelic. A metà stagione arriva anche Mattia Suero, guardia forlivese che delude le aspettative.
Il trasferimento a P.S.Giorgio è l’inizio della fine, la squadra si disunisce. Ne fa le spese coach Padovano che viene esonerato. Arriva da Bergamo Pier Agazzi, il nuovo tecnico può fare ben poco, già a Febbraio il destino è segnato. Partono i pezzi pregiati come Ciavolella, De Sanctis e Savini. Il finale di stagione è una lenta agonia che si conclude con la mesta retrocessione. E’ la fine della Riviera del Fermano, l’ambizioso progetto dura soltanto dodici mesi. Si torna a P.S.Elpidio, c’è ancora Suolificio Stella come main sponsor per la stagione 2007/2008. Si riparte dalla Serie C1 ed al comando del sodalizio c’è Renato Chiappa fortemente motivato a far rinascere quell’entusiasmo che è andato perso dopo il disastro dell’anno prima. In panca torna coach Padovano mentre lascia l’incarico di ds Fausto Lovatti. Al suo posto Marco Pallotti ex giocatore biancoazzurro da anni ds di Civitanova con la quale ha ottenuto la Serie B nella stagione 2002/2003.
Il campionato è di un buon livello, la formazione elpidiense è allestita per ottenere la salvezza ma ben presto la posizione di classifica fa sperare ad un playoff da protagonista.
Squadra ben costruita con Savini e Recchiuti a giostrare come play, Dolfi è la guardia più pericolosa supportato dal piemontese Agazzani e dal pesarese Benevelli. L’esperienza di Ferrini sotto canestro è unita al talento del siciliano Di Leonardo con Crescentini e Graciotti ad assicurare qualità e quantità. La Stella finisce inaspettatamente quarta e si regala il play off contro Budrio. Va male, pazienza. Il basket è rinato, Porto Sant’Elpidio ha di nuovo la sua “Stella”.
Si arriva cosi al 2008/2009, confermato coach Padovano, il ds Pallotti costruisce una formazione per ambire ai play off. Ritorna l’enfant du pays Rossano Cappella, prodotto del vivaio locale che ha calcato importanti parquet di B1 e B2 e diventa da subito leader carismatico e nuovo capitano. Gli esterni sono gli osimani Michele Domesi e Daniele Carletti, in ruolo di ala piccola c’è ancora Benevelli, mentre nell’area pitturata giostrano Crescentini, Romani, Bizzarri e Ferrini. Dopo il successo iniziale con Giulianova (73-57) non tutto fila via liscio. Daniele Carletti si fa male ed il reparto esterni necessita di un innesto. Arriva Fabio Lovatti, figlio dell’ex ds Fausto. Il play guardia sangiorgese cambia totalmente la squadra biancoazzurra. In meglio!
Il girone di ritorno è quasi perfetto, 13 vittorie, 2 sconfitte e secondo posto finale alle spalle di Budrio. L’entusiasmo è alle stelle, i play off sono però qualcosa da togliere il fiato, le emozioni indescrivibili. Si parte col quarto di finale contro Alba Adriatica che espugna a sorpresa il palas di Via Ungheria in gara1. La Stella però non molla e rende il favore in terra abruzzese. Si torna a P.S.Elpidio per gara tre ed è gioia per i tifosi elpidiensi, si vola in semifinale.
A contendere la finale c’è Castelguelfo del sempreverde Zudetich. Ancora passo falso in gara 1, la Stella cade davanti al proprio pubblico ed è chiamata ad un’autentica impresa in terra bolognese.
Dopo tre periodi i ragazzi di Padovano sono sotto di 19 lunghezze, sembra essere la fine del sogno ma come insegna il basket mai dare nulla per scontato. Lovatti è una mitraglia ed in un amen la partita si riapre. Porto Sant’Elpidio ha anche la palla per vincere ma è il supplementare a regalare gara tre ai biancoazzurri. 9-0 di parziale e tutto rinviato alla “bella”.
Non c’è storia tra le mura amiche, Castel Guelfo si arrende e per Cappella e compagni è finale contro Budrio. La città riscopre l’amore per il basket, non si parla d’altro. I tifosi si preparano come ai tempi d’oro, l’attesa è spasmodica. Si gioca al meglio delle cinque gare, Budrio ha il vantaggio del fattore campo ed in gara 1 piega una Stella che avrebbe potuto fare di più. A P.S.Elpidio per gara due ci sono quasi mille tifosi, i biancoazzurri impattano e si torna in Emilia per gara tre. Il match degenera nel terzo parziale quando il play di casa Acquaviva provoca Domesi che reagisce e viene espulso. Il numero 20 di Budrio ha anche la malsana idea di gesticolare in maniera inappropriata verso i 200 supporters elpidiensi e si scatena il finimondo. Ai ragazzi di coach Padovano saltano i nervi, Budrio dilaga e vince con oltre 20 punti di scarto. Gara 4 a P.S.Elpidio è la copia di gara 2 con la Stella desiderosa di raggiungere la parità. Così è e davanti a circa 1500 tifosi caldissimi si va a gara 5, l’ultimo capitolo di una serie equilibratissima.
Domenica 7 Giugno 2009 è il grande giorno, partono da P.S.Elpidio ben 4 autobus (l’ultimo organizzato addirittura alle 5 di mattina)e decine di auto private. Piazza Garibaldi è uno spettacolo di bandiere, tamburi e trombette. Saranno alla fine 400 gli elpidiensi che saliranno a Budrio col sogno di riportare sotto la Torre dell’Orologio quella serie B persa due anni prima.
Il sogno però rimane tale, Budrio sale in B e per il Suolificio Stella c’è solo tanta delusione. Si chiude una stagione comunque fantastica alla quale però seguirà un campionato 2009/2010 non all’altezza delle aspettative. Coach Padovano lascia, al su posto si siede Alessandro Alessandrini ex Civitanova e tecnico navigato nella categoria. La squadra costruita è imbottita di nomi altisonanti, torna a P.S.Elpidio Francesco Gambacorta, eroe indimenticato della promozione nel 2002 e vestono il biancoazzurro anche Simone Travaglini, Francesco Conti, Giorgio Palantrani e Antonio Serroni. Oltre al ritorno di Gambacorta si rivede il capitano Gionni Pallotti per un roster attrezzatissimo al salto di categoria.
L’esordio è vincente, blitz 83-93 a Fabriano e girone di andata decisamente positivo. Qualcosa però inizia a non girare per il verso giusto, si infortunano Pallotti e Travaglini e nell’ultima giornata del girone di andata arriva il ko con il modesto Castelfranco. E’ l’inizio di un periodo nerissimo, Gambacorta spiazza tutti e chiude col basket, il ds Pallotti corre ai ripari inserendo Marco Paganucci play guardia romano ma ormai il giocattolo è rotto. Il girone di ritorno non è brillante e nonostante un finale in crescendo il play off con Castel San Pietro vede Cappella e compagni arrendersi in gara 3. Ennesima delusione.
La stagione 2010/2011 è l’inizio di una seconda vita per il Porto Sant’Elpidio Basket. Al timone della squadra c’è il giovanissimo coach locale Raffaele Rossi da sempre vicino all’ambiente elpidiense visti i suoi trascorsi come allenatore nel settore giovanile. La politica societaria è tutta nuova, larghissimo spazio alle risorse locali, piena fiducia ai giovani del vivaio e drastico taglio delle spese. Rossi ha davanti a se un impresa proibitiva ma allo stesso tempo intrigante. Dopo ben tredici anni come sponsor principale il Suolificio Stella si fa da parte e lascia spazio alla Nuova Stilauto che per la sola stagione 2010/2011 abbinerà il proprio marchio a quello del sodalizio di Via Svevo. Patron è Oscar Bonifazi che torna alla prima carica societaria dopo l’esperienza dal 2005 al 2007.
Manco a dirlo il roster è decisamente giovane, della vecchia guardia restano solo il capitano Pallotti ed il play Carletti mentre sugli esterni si punta tutto sul cecchino lombardo Boffini e sul pesarese scuola Scavolini Pentucci. Sarà invece la primissima esperienza in serie C per i giovani locali come Sagripanti, Mancini, Ferroni, Traini, Marota, Giulietti ai quali si vanno ad aggiungere Borko Kosanovic ed Emanuele Crescentini entrambi ali forti con buoni trascorsi nella categoria.
L’obiettivo è senza dubbio la salvezza, l’esordio però è sfavillante. Sul neutro di Civitanova i ragazzi terribili di Rossi piegano la più quotata CastelGuelfo per 89-79 ed il campionato è decisamente gradevole, a tratti spettacolare. La Nuova Stilauto viaggia sempre nella medio-alta classifica e finisce quinta regalandosi un inaspettato play-off contro Novellara. Poco importa se gli emiliani passeranno il turno 2-1, quel che conta è che tanti giovani elpidiensi sono cresciuti e che basi solide siano state gettate per il futuro.
Un futuro che però non vede più sulla panchina biancoazzurra coach Rossi il quale risponde presente alla chiamata della Sutor Montegranaro dove nella stagione 2011/2012 ricoprirà il ruolo di responsabile tecnico del Settore Giovanile. L’addio di Rossi spiazza il sodalizio di Via Svevo che si mette alla ricerca di un tecnico capace di proseguire il lavoro del coach elpidiense ma che soprattutto sposi il progetto “giovani”. Approda così a Porto Sant’Elpidio Luca Camarri, 35 enne sangiorgese già in passato vice di Padovano sulla panchina del Suolificio Stella. La collaborazione con la Nuova Stilauto finisce ed il Porto Sant’Elpidio Basket va alla ricerca di uno sponsor principale. Sul campo le cose non vanno benissimo, dopo tre vittorie nelle prime quattro partite la squadra di coach Camarri si smarrisce. Un filotto di sei sconfitte consecutive costringe il giovane coach sangiorgese a rassegnare le dimissioni. Al suo posto torna a sedere sulla panchina biancoazzurra a distanza di 7 anni Marco Schiavi. Il roster elpidiense è ancora una volta un mix di esperienza e gioventù, in regia c’è sempre Carletti , sugli esterni Tombolini e l’eclettico Polidori. In area Pallotti fa coppia col bolognese Albertini e tanto spazio ai locali Sagripanti, Ferroni e Torresi.
La posizione di classifica non è quella ambita ad inizio stagione e per Schiavi le problematiche non sono poche. Si fa male anche Cardinali, play maceratese e Tombolini torna a tratti nel ruolo di inizio carriera. Nonostante tutto l’esperienza del coach ex Stamura e Rieti da alla squadra la serenità per affrontare un girone di ritorno in crescendo. Gli acuti nel derby contro la Poderosa e la Sangiorgese ridanno nuova linfa ad una formazione che risalta le caratteristiche di Diego Torresi, autentica rivelazione della stagione. I play-off sfuggono solo per la differenza canestri con Umbertide ma la gente capisce ed applaude la propria squadra uscita vittoriosa dall’ultima fatica stagione contro il Pisaurum Pesaro.
Schiavi si merita la riconferma e la società crea una squadra con l’ambizione di entrare nella griglia playoff da protagonista. L’ossatura è pressoché la stessa, Carletti, Tombolini e Polidori sono una certezza, Alessio Valentini pivot di Amandola classe 88 torna a P.S.Elpidio dopo l’esperienza con la Riviera del Fermano e prende il posto di Gionni Pallotti. Da Senigallia arriva un totem che risponde al nome di Fabrizio “Bicio” Facenda, giocatore dal curriculum impressionante ed avversario della “Stella” nei play-off di B2 nel 2002/2003. Dalla panchina escono i giovanissimi Chiericozzi, play ordinato e Postacchini, guardia dotata di un micidiale tiro da tre punti. Torresi diventa un punto di riferimento e Sagripanti un esterno capace di dare un cambio di ritmo. L’inizio di stagione è discreto poi il black out nella seconda metà del girone di andata. Il punto più basso è il derby al PalaSavelli con la Sangiorgese perso mostrando scoramento. Urge un rinforzo, arriva a P.S.Elpidio Elia Monticelli guardia ex Stamura Ancona, specialista nel vincere campionati. E’ l’uomo giusto nel posto giusto al momento giusto. Undici vittorie su tredici gare e quarto posto nella classifica finale. L’ostacolo nel quarto di finale play-off si chiama Pisaurum Pesaro, squadra degli ex Pentucci e Kosanovic. Gara 1 va ad appannaggio di Carletti e compagni mentre all’Hangar di Viale dei Partigiani è gran battaglia. La spunta ancora P.S.Elpidio grazie ad un super Monticelli e si vola in semifinale. L’ambiente ora ci crede, la squadra gira a mille e l’avere dieci elementi tutti decisivi a disposizione per coach Schiavi è un valore aggiunto. Si va a Bologna per gara 1 della semifinale, davanti alla Ecoelpidiense c’è Castiglione Murri dell’ex Filo Albertini. Altra battaglia ma altra vittoria, con un gran cuore P.S.Elpidio espugna il parquet bolognese e si gioca la finale in gara due davanti al proprio pubblico. Il Palas di Via Ungheria è una bolgia, quasi 1500 tifosi sugli spalti spingono Facenda e compagni verso la finale contro San Lazzaro. Murri non può nulla e la finale è realtà.
Nessuno se lo aspettava ma il salto di categoria è lì a due passi, dopo sei anni il traguardo è più che mai vicino. Gara uno finisce 78-71 con la Ecoelpidiense a tratti in balia dell’avversario.
Si arriva così a Giovedi 6 Giugno 2013 quando al PalaSavena i biancoazzurri hanno il primo match-point. Nonostante il giorno feriale salgono in terra bolognese 200 tifosi elpidiensi con pullman e auto proprie, mentre San Lazzaro recupera il play Gianasi. La gara è un altalena di emozioni, i padroni di casa danno più volte l’impressione di poter chiudere i conti ma il destino è scritto. Finisce 71-75 per la Ecoelpidiense , il sogno è diventato realtà, Porto Sant’Elpidio torna in Serie B. Torna al suo posto.
E la Serie B è subito un tuffo nel passato, di oltre vent’anni. Prima giornata di campionato e derby contro Montegranaro. Non accadeva dalla stagione 1993-1994. Il roster biancoazzurro è quasi totalmente nuovo; della magica annata 2012/2013 sono rimasti solo Torresi,Chiericozzi e Postacchini. Ritorni graditi quelli di Francesco Boffini, Matteo Ferroni e Matteo Fabi. Reparto interni rafforzato con un altro ritorno, quello di Mirko Romani. Da Roma invece arriva Riccardo Coviello eclettica ala piccola e in coppia dalla Stamura Ancona vestono il biancoazzurro Simone Pozzetti e Fabio Giampieri. Completano il roster gli under Andrea Traini e Riccardo Salvatori. Per la gara d’esordio la Ecoelpidiense è sulla carta sfavorita ma il campo dice 67-82 per Boffini e compagni. Il successo viene bissato nella gara di ritorno al Palas di Via Ungheria 76-73 davanti a quasi 2000 tifosi festanti e la squadra regala ottime prestazioni soprattutto in trasferta. Alla fine sarà playoff con la corazzata Rieti che bissa il successo del Palasojourner espugnando anche i legni elpidiensi. Le due stagioni successive, targate sempre Marco Schiavi, non regalano particolari emozioni ai tifosi della Ecoelpidiense: approdano a P.S.Elpidio giocatori come Luca Rossi, play sangiorgese di grande esperienza, l’altro sangiorgese Marco Vallasciani ala piccola brava anche nel pitturato, Daniele Quartieri ala lombarda vittima di un grave dopo poche giornate di campionato. I confermati Torresi e Romani sono i leader dello spogliatoio ma la squadra non riesce mai ad agguantare i playoff: l’era Schiavi si conclude quindi con due salvezze tranquille e qualche rimpianto. La stagione 2016/2017 segna l’inizio di un nuovo ciclo, alla Ecoelpidiense succede il nuovo main sponsor Malloni, industria leader nel settore calzaturiero. Nuovo è anche il coach, approda a P.S.Elpidio Massimiliano Domizioli, tecnico maceratese abile nel lavorare con roster molto giovani. E proprio così sarà la Malloni 2016/2017: torna il beniamino dei tifosi Fabio Lovatti, le guardie sono gli estrosi Cernivani, Fiorito e Brighi, in regia spunta il giovanissimo abruzzese Piccone mentre il vero valore aggiunto è l’ala Alberto Cacace. Sotto i tabelloni i senatori Torresi e Romani dispensano consigli ai giovani Catakovic e Trovato per una squadra che tocca il più alto traguardo raggiunto prima da una compagine maschile elpidiense: i playoff per la Serie A2. Nonostante il brutto infortunio di Lovatti i biancoazzurri seguiti anche da 5 stoici ultras elpidiensi, sbancano il campo siciliano di Barcellona Pozzo di Gotto ma in gara 2 a P.S.Elpidio cedono agli isolani rimandando l’accesso alle semifinali a gara 3 in Sicilia. Il sogno sfuma dopo una gara giocata con grande ardore nonostante un roster ormai falcidiato dalle assenze. Il secondo anno Malloni non regala le stesse emozioni del primo, eppure la squadra è forse anche più attrezzata dell’anno prima: Navarini rimpiazza Lovatti, Cernivani e Piccone vengono confermati, il fromboliere Maggiotto rileva Fiorito mentre sotto le plance sbarca a P.S.Elpidio Simone Zanotti che dopo soltanto una stagione in biancoazzurro finirà in A1 alla Victoria Pesaro. Dopo 29 giornate sempre in zona playoff la post season sfugge proprio sul rettilineo d’arrivo nell’autentico spareggio giocato a Matera. Il campionato 2018/2019 è l’ultimo sotto la denominazione Malloni ed è anche l’anno del ritorno di Marco Schiavi in panchina. Campagna acquisti difficile a causa delle poche risorse disponibili ed i problemi sono lì, dietro l’angolo. Il pivot Bruno torna a casa senza neanche essere tesserato a causa di guai fisici, il croato Mazic da crac diventa flop ed il ds Pallotti si ritrova tra le mani una squadra senza pivot e senza play. Si punta sull’usato sicuro ed il ritorno di Mirko Romani è servito, nonostante ciò l’esordio a Senigallia è da dimenticare causa anche l’assenza di Torresi vittima di uno spaventoso incidente in motorino. Il più in palla è la guardia Marchini che insieme all’altro esterno Giammò e al confermato Cinalli sono l’ossatura di una squadra troppo debole e che necessita di innesti di qualità. Mazic viene tagliato e al suo posto torna Antonio Serroni, a Natale Pallotti si regala il play Marco Cucco ma la musica non cambia. La Malloni non carbura e le precarie condizioni di Romani e Torresi chiamano la società ad un nuovo sforzo: a dare centimetri importanti arriva Ygor Biordi in uscita da Crema. I playout però sono realtà, al primo turno la Malloni elimina senza troppi patemi il fanalino di coda Catanzaro ma la salvezza vera e propria passa attraverso lo spareggio con Pozzuoli. In quel di Ferentino i biancoazzurri dopo una gara quasi perfetta esultano e conquistano l’agognata salvezza.
Giuseppe Catani – Marco Biagetti